di Neri Pollastri
Giunto al traguardo dei trent’anni di attività subito dopo un eccellente disco in solitudine (clicca qui per leggerne la recensione), l’organettista pistoiese Riccardo Tesi per celebrare l’evento non poteva trovare modo migliore della realizzazione di un disco nel quale farsi coadiuvare da molti di coloro che lo hanno accompagnato nel suo viaggio artistico, ai quali si aggiungono altri con i quali aveva da sempre desiderato di fare almeno un pezzetto di strada assieme.
Il disco è ricchissimo di scene, atmosfere e sonorità, ideale contraltare del precedente lavoro in solo. La varietà, che talvolta giunge a modificare la cifra stilistica senza tuttavia mai intaccare l’identità del lavoro, è tale da renderne perfino ardua la descrizione.
Vi troviamo l’uno accanto all’altro brani come i suggestivi “Prata e oru” e “Terra de sonos”, diversamente ma profondamente radicati nella tradizione sarda (il primo con la voce di Elena Ledda e i cori delle Balentes, il secondo con il sax e la voce di Gavino Murgia e le launeddas di Carlo Mariani) e riletture di lavori di cantautori come Ivano Fossati (“La musica che gita intorno”, Ginevra Di Marco alla voce e un breve e splendido assolo al soprano di Stefano “Cocco” Cantini) e De André (“La città vecchia”, con Gianmaria Testa, l’Archea Quintet e il clarinetto di Gabriele Mirabassi), con entrambi i quali Tesi ha più volte lavorato.
E poi ancora brani malinconici come “L’ora del tè” (ancora con Cantini) o le conclusive “Sabbie immobili” (nella quale al violoncello di Damiano Puliti si affianca Mirabassi) e “Il primo bacio” (tutta di archi, con la chitarra di Maurizio Geri e l’Archea Quintet); altri sfrenati come “Accorsa” (ancora con l’Archea e uno scatenato Daniele Sepe) e il curioso “Marock” (con la tuba di Riccardo Tarlini, il mandolino elettrico di Patrick Vaillant e le percussioni di Marco Fadda); altri ancora incentrati su riletture di balli popolari, come “Mareggiata” e “Tango di buona speranza” (entrambi con la presenza di Stefano Bollani, nel primo assieme a Mirabassi ed Archea, nel secondo con Vaillant e Nico Gori).
Presenze quasi costanti nel cambiare continuo delle formazioni, oltre a Geri, Claudio Carboni ed Ettore Bonafé, ovvero Banditaliana, il gruppo stabile di Tesi.
Insomma, un bel viaggio in lungo e in largo nei territori di frontiera attraversati da Tesi in questi anni, con l’organettista che, come è solito fare, è più spesso a servizio dei compagni che non protagonista in prima fila. Con qualche splendida eccezione, come nel caso di “Leldorado” (con Puliti e Mirko Guerrini eccezionalmente al pianoforte), uno dei brani più belli del CD nel quale, per una volta, è proprio Tesi ad interpretare il tema struggente.
Un lavoro e un musicista che sono esempi di come la curiosità per ogni forma musicale e il piacere umano di collaborare con chi si apprezza e stima, indipendentemente dalle differenze di genere e di stili, porti a risultati di assoluto rilievo. È questa la cifra profonda del jazz, che si annida all’interno anche di chi, come Tesi, tende ad essere collocato tra il folk e la world. Complimenti dunque a questo musicista apertissimo e alla fin fine inetichettabile.
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