Intervista a Riccardo Tesi di Giorgia Fazzini
(15 febbraio 2008)
Ci sono gli artisti che si giocano le ricorrenze come autoreferenziale riesumazione necrofila, e altri invece che ne approfittano per levarsi degli sfizi, buttandosi in nuove avventure e con maggiore libertà ancora. Della seconda (vivida e benemerita) squadra fa parte Riccardo Tesi, principe italiano dell’organetto, uno dei musicisti più vivaci, eclettici e girovaghi si possano trovare sui palchi e nei dischi più diversi.
Dall’esordio nel 1978 al fianco di Caterina Bueno sono ora trascorsi trent’anni tondi, e quindi ecco un bel pianerottolo su cui apprestare un nuovo sortilegio delle emozioni. E’ infatti appena uscito PresenteRemoto (Materiali Musicali/il Manifesto), un disco che ripesca quattordici brani sparsi nelle mille incursioni di questi anni e li sprimaccia assieme a un nugolo di bellissimi ospiti – dalla sua Banditaliana a Elena Ledda, da Stefano Bollani al nizzardo Patrick Vaillant, da Gabriele Mirabassi a Gavino Murgia, Gianmaria Testa, Marco Fadda, Mirko Guerrini, Daniele Sepe…
Materiale perlopiù strumentale che dai sentieri acustici del folk anche stavolta s’inerpica verso i più lontani – eppure sempre splendidamente agguantati – orizzonti musicali.
Trent’anni di giri e collaborazioni. Nel mezzo di un cammino così colorato e vibrante, è bello ogni tanto fermarsi…
Le ricorrenze vanno festeggiate e il modo migliore che conosco è quello di fare musica; così mi sono regalato questo disco impegnativo, con trenta musicisti, realizzato grazie anche al sostegno dell’IMAIE. Una bella festa per riflettere su tutto il cammino fatto ma anche per stabilire nuovi itinerari.
I musicisti coinvolti: alcuni amici da tempo, altri con cui sognavi di lavorare da un po’...
Avevo da anni un sogno nel cassetto: riunire in un solo album molti dei miei musicisti preferiti. Partendo dalle composizioni ho immaginato quali sarebbero stati i più adatti ad interpretarli. Ho la sensazione che tutti gli ospiti siano al posto giusto, ed ognuno ha portato qualcosa di molto importante ai miei brani. Colgo l’occasione per ringraziarli in blocco per il talento, l’entusiasmo e l’energia con cui hanno aderito al progetto, mi hanno fatto un regalo bellissimo.
In realtà un piccolo anticipo del trentennale era uscito la scorsa estate: il disco di solo organetto per l’etichetta francese Cinq Planètes. Due progetti agli opposti: il primo in solitaria, quest’altro invece supercollettivo. E le tracklist lo confermano, sono solo due i brani presenti in entrambe. Come hai lavorato, e operato le scelte, su due progetti così diversi eppure vicini nel tempo?
In quello da solo mi sono concentrato totalmente sul ruolo di strumentista, cercando un nuovo modo di occupare lo spazio sonoro, una maniera di suonare diversa rispetto a quando sono in gruppo. E’ stata una bella scommessa che sono contento di aver affrontato, mi è costata una grande fatica ma mi ha permesso di scoprire aspetti ancora inesplorati del mio strumento e nuove possibilità da sviluppare. Il secondo è più in linea con quello che ho sempre fatto: coniugare il ruolo di compositore con quello di interprete e arrangiatore. E circa questo secondo lavoro, ci tengo a nominare poi una persona che spesso resta nascosta dietro le quinte: Stefano Melone, che raccoglie in sé le figure di produttore artistico, sound engineer e arrangiatore. Lui è stato fondamentale nella progettazione e nella realizzazione di questo album, ancora più che nei precedenti.
Nei quattordici brani c’è anche spazio per un omaggio a due autori con cui hai collaborato (regalando passaggi fantastici, ndr): Fabrizio De André e Ivano Fossati. E quale il motivo della scelta di quei brani e interpreti?
Quelle collaborazioni sono state importantissime per la mia evoluzione musicale perché mi hanno riavvicinato alla forma canzone e perché sono state una bella lezione di musica a tutti i livelli. Le loro canzoni hanno accompagnato momenti importanti della mia vita ed avevo semplicemente voglia di interpretare questi due brani cercando di farli miei, perché credo che questo sia l’atto d’amore più significativo. La musica che gira intorno è una delle canzoni che preferisco di Ivano ed ultimamente girava in continuazione nel mio lettore, non riuscivo a smettere di ascoltarla. Così ho pensato di rielaborarla in una forma più malinconica, lontana dall’andamento rockeggiante originale, ed ho subito sentito che la voce giusta sarebbe stata quella di Ginevra Di Marco. Per La città vecchia la storia è diversa. L’arrangiamento è nato qualche anno fa quando Gianmaria Testa è stato ospite del mio spettacolo Un ballo liscio dedicato al ballo di coppia. Considerando che De André è stato uno dei primi ad usare ritmi di liscio per comporre canzoni, abbiamo pensato per l’occasione di riprendere questa mazurca, restituendole l’andamento di un ballo.
Hai sempre suonato moltissimo all’estero e con musicisti di altri Paesi. Noti delle differenze con l’Italia?
Esistono differenze ma non sono così poi rilevanti, il bello della musica è che rimane un linguaggio universale. Con Banditaliana quest’anno siamo arrivati fino in Giappone e Australia ed il pubblico è stato fantastico, ovunque non abbiamo mai incontrato problemi di comunicazione. Da anni adoro collaborare con artisti di varia nazionalità ed ambiti diversi: ogni volta si deve trovare una nuova sintonia e per questo si deve essere disposti ad abbandonare le proprie abitudini e punti fissi, ma alla fine si raggiungono sempre le soluzioni e si esce arricchiti. Questo lavorare mi ha permesso da una parte di allargare il mio pensiero e la mia competenza professionale e dall’altra di scrollarmi quel senso di provincialismo che noi italiani spesso ci portiamo addosso.
Chiudiamo con un doveroso pensiero allo strumento cui hai dedicato la vita. Perché e percome l’organetto?
Sul perché all’età di 22 anni sia rimasto folgorato da questo strumento ed abbia deciso di dedicargli la vita interrompendo alle soglie della laurea un curriculum scolastico di tutto rispetto…non so spiegarmelo nemmeno io. E’ stata una passione improvvisa e travolgente che non potevo che assecondare. Ho iniziato con la musica tradizionale perché l’organetto è uno strumento popolare e questo era il suo vocabolario; ma sono passato ben presto alla “mia” musica, che come abbiamo detto è fatta di tante cose. In realtà l’organetto è diventato il mio modo di esprimermi e di comunicare e da allora mi segue in ogni avventura musicale, è uno splendido compagno di viaggio.
PresenteRemoto è insomma un disco con cui immaginare, e pieno di poesia – che gocciola dal mantice come un liquore oppure giocherella saltellando sui tasti, come un bimbo che ascolta le storie seduto sulle ginocchia. Che forse è un po’ l’idea che ci si fa guardando Riccardo Tesi col suo organetto in braccio…
Recensione disco LUNE sul sito polacco Folkowa | Recensione Presente Remoto su MenteLocale.it