Dischi: due chicche da non perdere
Musiche contemporanee nei cd delle edizioni Il Manifesto. Riccardo Tesi e Daniele Sepe sono proprio bravi
di Andrea Baroni
Non sono sempre facili da trovare, un po’ di fatica è necessaria, ma in genere risulta ben ripagata dalla qualità. I cd delle edizioni de Il Manifesto costituiscono ormai un ricco e interessante repertorio di musiche contemporanee: jazz, world, canzone d’autore, e molto altro, spesso felicemente indefinibile.
Stavolta con una doppia uscita l’etichetta concede ulteriore spazio a due musicisti che sono fra i più assidui frequentatori del catalogo: Riccardo Tesi, organettista toscano esperto conoscitore di tante culture musicali popolari, e Daniele Sepe sassofonista napoletano artefice di mille estrosi progetti a base di musica , gioco, rabbia e idee chiare.
I cd sono due esempi, molto diversi tra loro, di riletture moderne di musiche tradizionali, antiche e del popolo. Tesi, che festeggia i trenta anni di attività, ha riunito in Presente remoto una grande compagnia di amici musicisti, per ricapitolare le tappe del suo lungo viaggio musicale attraverso brani composti per diverse occasioni e formazioni: nel disco sfilano tanghi, (con Stefano Bollani), canti sardi a tenores (con Elena Ledda), brani folk e jazz nello stile del gruppo stabile di Tesi Bandaitaliana, e ancora due splendide riletture di La città vecchia con Gianmaria Testa e di La Musica che gira intorno cantata di Ginevra di Marco. Voglio anche menzionare fra i tanti ospiti, Gabriele Mirabassi, uno dei più bravi clarinettisti italiani, perché ogni volta che suona, su disco o dal vivo, bisogna fermarsi e ascoltarlo. Il titolo è una perfetta sintesi del contenuto, un filo tra ieri e oggi tessuto dalle suggestive sonorità dell’organetto di Riccardo Tesi.
Daniele Sepe invece con Kronomakia si è lanciato in una vera operazione di fusione, oltre che temporale anche fisica, integrando nel suo gruppo Rote Jazz Fraction un organico di musica antica, l’Ensemble Micrologus. E sono saltarelli, brani dai Carmina Burana, canti religiosi galiziani, inframezzati a jazz, reggae e sigillati da due esilaranti versioni in latino di Stayin alive (Vivimus) e Norvegian wood (Norwegiae lignum) tradotto da Salvatore Lo Leggio e cantate splendidamente come gran parte del cd da Auli Kokko, alla quale nessun idioma è sconosciuto. Il tutto corredato da precise note filologiche su brani e strumenti musicali d’epoca e da splendide foto. Ogni disco di Sepe fa un gran piacere (e spesso anche sorridere) e al tempo stesso una gran rabbia, pensando a quanto sia limitata la diffusione delle sue opere. Almeno far sapere che cose così esistono.
Intervista a Riccardo Tesi sul sito Del Rock | Recensione Presente Remoto su E.R.B.A.