di Giuseppe De Trizio
2/5/2003
D. La tua musica approda alla fusione tra tradizione e innovazione. Raccontaci la tua storia musicale.
R. Dopo gli inizi con Caterina Bueno dedicati alla musica popolare toscana e lo studio del repertorio tradizionale dell’organetto diatonico (saltarello, ballo sardo, tarantella ma anche balli dell’Appennino Toscoemiliano) che mi hanno portato alla registrazione del mio primo album solista “il Ballo della Lepre” dedicato alla musica tradizionale del centro Italia, ho abbandonato la fase della riproposta più o meno filologica concentrandomi sulla creazione di una musica più mia nella quale confluiscono le influenze che compongono il mio variegato mondo musicale. Sono un ascoltatore di musica a 360 gradi, dal rock con cui sono cresciuto, al jazz , dalla canzone d’autore alla musica etnica ovviamente. E’ difficile per me rinchiudermi in uno stile preciso, lo trovo limitante e soprattutto non corrisponde ai miei intenti artistici che sono quelli di sperimentare strade diverse, di fondere vari linguaggi alla ricerca di nuove sonorità. Ho bisogno di valicare i confini geografici e stilistici cercando comunque di rimanere riconoscibile e mantenere una cifra stilistica personale. Sono sempre alla ricerca di incontri/scontri con altri musicisti, diversi da me per cultura o stile, dai quali possa uscire arricchito, trasformato. Questo mi ha portato a collaborare con gli artisti più disparati alcuni dei quali hanno lasciato un segno indelebile dentro di me. Dai Ritmia dei primi anni ottanta, che comprendeva due musicisti sardi e due toscani e con i quali ho iniziato un lavoro sulla composizione a partire da schemi e forme della tradizione, sono passato al progetto Anita Anita con musicisti occitani ed incentrato sulla ricerca di una canzone d’autore con forti connotati etnici. Da questa esperienza è nato il sodalizio con P.Vaillant con cui ho inciso “Veranda” in duo e “Colline” in trio con il clarinettista jazz Gianluigi Trovesi . Contemporaneamente ho realizzato il disco del trio di organetti TransEuropeDiatonique con l’inglese J.Kirkpatrick ed il basco K.Junkera. Un discorso a parte merita il lavoro “Un Ballo Liscio” che consiste in una rilettura spregiudicata e rigorosa di questo genere musicale con una orchestra di dodici elementi di cui, oltre Banditaliana al completo, fanno parte P.Vaillant, i jazzisti P.Leveratto e G.Mirabassi ed infine un quartetto d’archi classico. Questo tipo di lavori tematici, su di un genere ben definito costituiscono dei capitoli a parte nella mia produzione discografica ma che rivendico fino in fondo. A questo genere appartiene il prossimo Acqua Foco e Vento dedicato alla musica tradizionale toscana. Pur non lavorando su musica di mia composizione cerco di raccontare un mondo musicale in maniera personale, facendolo interagire con il mio vissuto musicale, di farlo mio pur cercando di non intaccare gli elementi stilistici portanti, lasciandolo in qualche modo riconoscibile. In questo genere di operazioni il mio punto di riferimento “estetico” è sempre stato il grandissimo Ry Cooder. Infine c’è l’esperienza di Banditaliana che ha base in Toscana ed è composta da Maurizio Geri, chitarra e voce, Claudio Carboni, sax, ed il nuovo entrato Marco Fadda alle percussioni che ha preso il posto di Ettore Bonafè. In dieci anni di attività Banditaliana si è imposta come uno dei gruppi world italiani più importanti anche a livello internazionale. Abbiamo suonato ovunque e i nostri dischi hanno avuto un buon successo di vendite. Questi sono i miei progetti personali ai quali si aggiungono svariate ed innumerevoli collaborazioni, alcune saltuarie altre più continuative. tra queste mi piace ricordare E.Ledda & Sonos (Sardegna), Justin Vali (Madagascar), Vincenzo Zitello (arpa), Tosca , Beppe Gambetta, gli Skiantos ( sì, proprio loro), Daniele Sepe, Maria Pia De Vito ecc fino ai cantautori F.De Andrè, I.Fossati, G.M.Testa, G.Gaber, C.Muratori, O.Vanoni.
D. Seguendo le evoluzioni delle tue composizioni e quelle del mantice del tuo organetto, ripensando ai tuoi itinerari discografici tra ‘Anita Anita’, ‘Colline’, ‘Veranda’, ‘un ballo liscio’ sino ai lavori con ‘Banditaliana’, quali sono i linguaggi cui ti sei riferito?
R. Al centro di tutto metterei il Mediterraneo inteso come modo di sentire e di vivere, quindi come sensibilità musicale. Su questa base ,a seconda dei progetti e dei momenti, si inseriscono elementi appartenenti ad altri linguaggi, a volte il jazz a volte la canzone a volte la musica tradizionale, quasi sempre tutte queste cose si fondono contemporaneamente grazie ad un meccanismo inconscio che nel momento della creazione tende ad utilizzare tutto il vocabolario disponibile. La mia musica non è frutto di un ragionamento fatto a tavolino ma semplicemente seleziono di volta in volta gli elementi e le soluzioni che mi emozionano, a questi si aggiungono poi le influenze portate dagli altri musicisti che partecipano al progetto.
D. Raccontaci dell’incontro con il mandolinista francese Patrick Vaillant. In che modo ha interagito/influito nel tuo modo di pensare la musica?
R. L’incontro con Patrick è stato determinante nel mio percorso musicale innanzi tutto perché si tratta di una collaborazione che dura ormai da 18 anni ( e sono tantissimi) e poi perché credo che sia una delle menti musicali più brillanti che io conosca oltre ad essere uno strumentista straordinario.Il suo pensiero trasversale sulla musica mi obbliga a percorsi nuovi e a forzare i limiti del mio strumento. In effetti credo che la persona che più ha avuto influenza sul mio stile organettistico sia proprio Patrick perché mi ha obbligato ad una visione musicale dello strumento e ad andare al di là di quelli che sono i clichè tipici che lo strumento stesso offre. Insomma lavorare con lui è sempre un’esperienza che mi arricchisce molto. Il nostro duo organetto mandolino contiene una magia che non ritrovo in nessun altro progetto, primo perché ci obbliga a svolgere un lavoro enorme dovendo assumere continuamente funzioni diverse visto e considerato che siamo solo in due, secondo perché nella sua fragilità apparente questo duo contiene un’energia che ogni volta mi sorprende.
D. Musica di tradizione, jazz e canzone d’autore: le collaborazioni con Fossati e De Andrè, ma anche i lavori con Trovesi, come si sono sviluppate?
R. In alcuni casi sono state frutto della mia curiosità musicale. Sono un appassionato di musica tout court e seguo il lavoro di tutti quei musicisti che mi emozionano, al di là dei generi, da Paul Simon a Louis Sclavis, da Chico Caesar a Dino Saluzzi. Nel caso di Trovesi è stato naturale incontrarci perché lui dal suo punto di vista jazzistico era interessato alla musica etnica mentre io e Patrick stavamo facendo il percorso inverso. La collaborazione ha funzionato subito perché Gianluigi è un musicista intelligente, che sa mettersi veramente in gioco e , soprattutto, dotato di una qualità straordinaria: l’umiltà. Per umiltà intendo arrivare in una situazione nuova e sapersi spogliare del proprio bagaglio ( che nel suo caso è veramente enorme) e mettersi al servizio della musica che in quel momento sta nascendo. Non sono in molti capaci di fare questo ed questa la ragione per cui tanti esperimenti di crossover fra stili diversi non funzionano, spesso non succede niente, ognuno rimane se stesso e c’è semplicemente una sovrapposizione o un’alternanza di linguaggi musicali slegati fra di loro, i due mondi musicali in realtà non si incontrano. Tra i jazzisti con cui ho collaborato e con cui veramente l’incontro c’è stato vorrei citare anche Piero Leveratto, che oltre ad essere un grande contrabbassista è un ottimo compositore, e Gabriele Mirabassi che credo sia uno dei musicisti più impressionanti che ho mai incontrato. Per quanto riguarda le collaborazioni con De Andrè e Fossati sono state più frutto del caso che non di una pianificazione, nel senso che mi hanno semplicemente chiamato a collaborare ai loro dischi. Questo però non significa che non siano stati importanti, al contrario. Soprattutto con Ivano Fossati il rapporto è stato più duraturo ed ho partecipato anche ad alcune date del tour di Macramè in qualità di ospite con artisti della levatura di Tony Levin, Trilok Gurtu, Enrico Rava ecc. Lavorare con cantautori di questo livello ha avuto un impatto notevole sul mio modo di pensare la musica. Innanzi tutto mi hanno riavvicinato alla forma canzone che avevo molto amato in gioventù ma che poi avevo un po’ abbandonato . In secondo luogo ho imparato molto a livello di produzione di un disco, vedere come sono organizzate le sessions, come è pianificato il lavoro ma soprattutto rendermi conto che i parametri privilegiati nel catturare un’idea sono completamente diversi dai miei. Credo di esserne uscito completamente trasformato e da allora ho iniziato a comporre anche canzoni cercando però una via che fosse coerente con il mio mondo musicale che tanto deve al Mediterraneo. Da qui è nata la collaborazione con C.Muratori per quanto riguarda i testi. Anche lui proviene dalla musica etnica e scrive dei testi attuali e moderni ma che ben si fondono con le mie atmosfere musicali, inoltre compone delle canzoni bellissime e consiglio a tutti di scoprirlo perché è un vero talento. Con G.M.Testa è ancora diverso. Entrambi siamo accomunati dall’ essere stati riconosciuti artisticamente prima in Francia che in Italia però il nostro incontro è avvenuto a Lisbona, in occasione dell’Expo dove mi trovavo a suonare con Banditaliana. Siamo prima diventati amici e poi è nata una collaborazione artistica. Ho partecipato ad un brano del disco Lampo, la bellissima “Gli amanti di Roma” ( con R.Marcotulli al piano) e poi il Portogallo è stato ancora una volta il pretesto per lavorare assieme nell’omaggio allo scrittore Jose Saramago, di cui abbiamo musicato “Il racconto dell’ isola sconosciuta” con il clarinettista Piero Ponzo e l’attore Giuseppe Cederna.
D. ‘Acqua, foco e vento’ il titolo del tuo cd in uscita nei prossimi mesi. Dicci della collaborazione con Maurizio Geri e i vari ‘illustri’ artisti coinvolti in questo progetto.
R. La musica tradizionale toscana è stata la musica che ha caratterizzato i miei esordi professionali con Caterina Bueno Lavorare con lei significa avere accanto la più grande conoscitrice della materia, nessuno è dentro la musica toscana come Caterina. Poi per molto tempo i miei progetti musicali mi hanno portato altrove. In questi ultimi anni grazie a Banditaliana e ad una sporadica collaborazione con Dodi Moscati, altra grande interprete toscana purtroppo scomparsa recentemente, mi sono riavvicinato alla musica della mia terra. Quando Manuela Geri, ideatrice del progetto per conto dell’Assessorato alla Cultura di Pistoia, mi ha proposto di fare questo spettacolo sulla musica dell’Appennino pistoiese per me è stato come un ritorno alle origini, però con tutta la ricchezza del mio percorso musicale di tutti questi anni che mi ha permesso di avere uno sguardo completamente diverso sulla tradizione di quello che avrei avuto vent’anni fa. La prima cosa che ho cercato di fare è stata quella di immergermi nel repertorio per individuare il racconto da fare e gli elementi da usare. A questo punto ho coinvolto Maurizio Geri per la stesura degli arrangiamenti. Con Maurizio c’è una complicità decennale all’interno di Banditaliana che ci permette di trovarci ad occhi chiusi. Inoltre oltre ad essere il mio chitarrista preferito è anche un profondo conoscitore di questa tradizione e soprattutto il migliore interprete. Abbiamo lavorato duro per tre mesi e tutto è filato liscio, l’intesa ha funzionato benissimo. Abbiamo coinvolto Devis Longo per l’arrangiamento delle polifonie e poi abbiamo riunito questa “All Stars” della musica etnica composta da musicisti che sentivamo in sintonia con noi, molti dei quali erano stati nostri collaboratori. Il gruppo è composto da Mauro Palmas (E.Ledda e Sonos), Nando Citarella e Valerio Perla (Tamburi del Vesuvio), Damiano Puliti (Harmonia Ensemble), Anna Granata (ex Bizantina), Devis Longo ( ex Ciapa Rusa, Tendachent ecc), Daniela Mencarelli (collaboratore di G.Mirabassi ecc) Claudio Carboni (Banditaliana) per finire con Maurizio ed io. Lo spettacolo ha avuto un grande successo di pubblico e di critica ovunque l’abbiamo presentato e ci ha dato grande soddisfazione. Adesso, nel mese di Aprile, uscirà il disco per le edizioni del Manifesto. Il disco è stato registrato da Silvio Soave (fonico francese della Silex) e mixato da Stefano Melone ex collaboratore di I.Fossati.
D. Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti live?
R. Abbiamo una serie di concerti all’estero ed in Aprile una piccola tournee nel Nord Italia con Banditaliana, poi promuoveremo il disco fino alla stagione estiva che ci vedrà a giro per tutta Europa ma forse anche Canada e Brasile, sia con Banditaliana che con Acqua Foco e Vento. Accanto a questi progetti principali riprenderò il lavoro in duo con Patrick Vaillant che avevamo interrotto l’anno scorso per i troppi impegni personali. E’ nato inoltre un nuovo duo con Carlo Muratori più incentrato sulla canzone d’autore con il quale ho debuttato nel mese di Gennaio. Sto lavorando anche ad un progetto interamente strumentale con Harmonia, un trio classico (piano, violoncello e clarinetto) di cui mi attrae molto la combinazione timbrica. Esordiremo a maggio. Ho in programma anche qualche concerto in solitudine, cosa che faccio raramente ma che voglio sviluppare in futuro. In Agosto mi occuperò anche del festival Sentieri Acustici di cui sono il direttore artistico e che si svolge dal 18 al 23 Agosto sulla montagna pistoiese con tanto di concerti, animazioni e stages di strumenti e danze.
Riccardo Tesi & Banditaliana - RootsWorld (in English) | Acqua Foco e Vento - Folker! (auf Deutsch)