di Guido Festinese
A Varazze strepitoso concerto di Riccardo Tesi e Gian Maria Testa Mandolino d’oro Tesi impegnato in un’indagine a tutto campo su quei musicisti che diffusero in Italia i balli di coppia.
Gli stereotipi che avvelenano le coscienze si combattono ovunque: anche nella musica. Con leggerezza e mobilità intelligente, come pensava Italo Calvino. E se il tutto avviene in località che normalmente sono un po’ fuori circuito, tanto meglio: diventano appuntamenti obbligati a forza di buone prive. A Varazze, piccolo centro del ponente ligure, risiede Carlo Aonzo, il Maestro mandolinista che ha legato il suo nome a tante belle cose della musica: dall’orchestra della Scala di Milano per affrontare partiture classiche alle collaborazioni con Beppe Gambetta, per riscoprire la musica dimenticata dei signori delle corde italiani che andarono oltreoceano, nel secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Aonzo è il direttore artistico del Festival internazionale del mandolino, giunto alla sesta edizione: un bel modo per rammentare a tutti che il piccolo strumento a corde è il simbolo di tante piccole rinascenze musicali che attraversano i confini fra le musiche, dal jazz alle note classiche, dal rock alla world music.
Ogni anno il Festival assegna il «Mandolino d’oro» ad un artista che si sia distinto per qualità musicale e sensibilità: quest’anno festeggiata la Pfm, per la carriera trentennale. Qualche giorno fa un pubblico davvero numeroso e motivato ha potuto assistere ad un concerto non solo bello e impeccabile, ma costruito come una sapiente lezione di storia senza pedanteria. Sul palco c’era Riccardo Tesi, signore dell’organetto diatonico, un nome che i lettori del manifesto conoscono bene per le sue avventure sonore tra musica popolare e note d’autore, e ospite Gian Maria Testa, il cantautore piemontese sempre più presente in situazioni sonore al crocicchio fra jazz, sapienza narrativa, delicatezze cameristiche ed ironiche.
Riccardo Tesi non ha avuto spesso occasione per presentare sul palcoscenico lo splendido progetto Un Ballo liscio (il disco omonimo uscì nel ‘95), questa volta ha potuto farlo con una voce – e che voce – in più. Un ballo liscio è un’indagine a tutto campo su quei musicisti che, a partire dalla fine dell’Ottocento, diffusero in Italia i nuovi «balli di coppia» borghesi strutturati da Johannes Strauss, destinati a soppiantare le danze collettive anche nelle classi popolari, con la mediazione accorta di musicisti rimasti nella leggenda come Carlo «Zaclen» Brighi, Secondo Casadei, ma anche Gorni Kramer e Henghel Gualdi.
Se oggi del liscio conosciamo solo il versante beceramente fieristico, da strapaese, è segno che c’è da fare parecchio lavoro per riavvicinare la leggerezza fatata del suono originario. Tesi sul palco s’é portato il quartetto d’archi classico Ares, ed un organico misto aperto ad ogni influenza che comprendeva buona parte del miglior jazz italiano, e buona parte dei migliori ricercatori del folk. Affidata la parziale «riscrittura» degli arrangiamenti a Piero Leveratto, gran signore del contrabbasso, Tesi aveva accanto fra gli altri Gabriele Mirabassi al clarinetto, Ettore Bonafé a percussioni e vibrafono, Patrick Vaillant al mandolino.
Se oggi Simon Jeffes, indimenticato leader della Penguin Cafe Orchestra, fosse ancora su questo pianeta, sicuramente da «Un ballo liscio» avrebbe tratto ulteriori spunti per un suono libero, erratico, tanto strutturato nelle premesse quanto aereo e libero negli esiti: con un Valzer Blu di Kramer che iniziava su uno spericolato assolo free del basso per avvitarsi nelle spire sinuose degli archi, con la mazurka Mirella restituita come un frammento di sogno. Poi è arrivato Gian Maria Testa, voce al catrame, emozione palpabile e piumata, e ha regalato una Miniera da brividi (sfondando la retorica del testo antico), e poi Lampo e Preferisco così, storie scabre e dirette dal suo canzoniere sempre più distillato e prezioso.
Non è finita lì: perché l’orchestra di «Un ballo liscio» gli ha affidato poi la voce solista per La città vecchia di Fabrizio De André, restituita come un ballabile da libro dei sospiri. E la chiusura era nel segno di Rosamunda, vortice swing e «liscio»: ma con tante, tante bollicine di aggraziata ironia.
Rassegna stampa su Un Ballo liscio Produzioni Fuorivia
Gian Maria Testa sedotto dal Liscio alla francese - Il Giorno | Riccardo Tesi & Banditaliana - RootsWorld (in English)